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Xiaomi vince la sentenza del tribunale che blocca le restrizioni degli USA

E’ notizia di quindici giorni fa quella che vede Xiaomi invischiata in un gioco di potere statunitense che davvero ha dell’incredibile. Poco prima dell’insediamento di Biden alla Casa Bianca infatti, il colosso dell’elettronica è stato inserito dalla vecchia amministrazione Trump all’interno di una blacklist. Per chiarire bene le dinamiche di questa faccenda abbiamo creato un articolo ad hoc per comprendere le differenze tra questo ban e quello di Huawei. A distanza di quindici giorni dal suddetto ban, l’azienda ha deciso di citare la Corte americana per richiedere l’illegalità di questo blocco. Andiamo a vedere i dettagli.

AGGIORNAMENTO A FINE ARTICOLO – 13/03/2021

Xiaomi non ci sta al ban imposto da Trump e chiede all’amministrazione di Biden di revocare l’imposizione di due settimane fa: quali esiti avrà la richiesta?

La notizia arriva direttamente dal South China Morning Post e da Bloomberg, portale di spessore specializzato in notizie provenienti dalla Cina e da tutto l’Est. Secondo quanto rivelato Xiaomi avrebbe citato in giudizio i dipartimenti della difesa e del tesoro degli Stati Uniti nominando imputati il ​​segretario alla difesa dell’amministrazione Biden Lloyd Austin e il segretario al tesoro Janet Yellen. A suo tempo il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti aveva ammesso che l’azienda cinese fosse una di quelle aziende affiliate all’Esercito di liberazione popolare cinese.

xiaomi lei jun
Foto: Simon Song

Xiaomi deve affrontare un danno imminente, grave e irreparabile se la Designazione rimane in vigore e le restrizioni entrano in vigore. Xiaomi non è posseduta, controllata o altrimenti affiliata al governo o all’esercito cinese, né è posseduta o controllata da alcuna entità affiliata alla base industriale della difesa cinese

Si legge da un documento ufficiale

Questa notizia arriva all’indomani di quella che vede il gigante della tecnologia al terzo posto sulla classifica mondiale di quelle aziende che hanno venduto e spedito di più nel 2020. Potete capire da voi quale effetto collaterale avrebbe il non annullamento del suddetto ban per le casse del colosso. Tuttavia non c’è da preoccuparsi per la sorte degli utenti. Xiaomi stessa ha affermato che in caso di esito negativo è pronta per un piano B. Purtroppo al momento non siamo a conoscenza dei particolari su questo piano, ma non mancheremo di informarvi appena sapremo qualcosa.

AGGIORNAMENTO 1

L’azienda ha deciso si esprimersi, tramite un comunicato stampa ufficiale, circa la causa intentata nei confronti degli USA. Riportiamo quanto scritto dal brand:

In relazione al comunicato stampa emesso dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti il 14 gennaio 2021 (ora degli Stati Uniti) in cui si afferma che la Società è stata inclusa nell’elenco del National Defense Authorization Act (“NDAA”) del 1999, ai sensi dell’articolo 1237, la Società ha annunciato il 15 gennaio 2021 che avrebbe intrapreso azioni appropriate per proteggere gli interessi della Società e dei suoi azionisti.

Il 29 gennaio 2021 (ora degli Stati Uniti) la Società ha presentato un procedimento presso la Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto di Columbia nei confronti del Dipartimento della Difesa e del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. La Società ritiene che la decisione di considerare la Società come una “Società militare cinese comunista” ai sensi del NDAA, da parte del Dipartimento della Difesa e del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti (la “Decisione”), sia di fatto errata e abbia privato la Società di un giusto processo. Al fine di proteggere gli interessi degli utenti, dei partner, dei dipendenti e degli azionisti globali della Società, la stessa ha chiesto ai tribunali di dichiarare illegale la Decisione e di revocarla.

Comunicato ufficiale

Da quanto possiamo leggere dunque, il brand è ben disposto a “risolvere la situazione” ma a patto che il tutto avvenga tramite un giusto processo. Questo prescinde chiaramente delle prove che, secondo le nostre informazioni, non esistono. E’ proprio questo il motivo per cui Xiaomi ha chiesto di revocare questa ingiusta decisione, presa a pochi giorni dall’insediamento del nuovo Presidente americano Biden.

Ricordiamo che il ricorso, nel quale si chiede ai tribunali di dichiarare illegale la decisione e di revocarla, è stato presentato da Xiaomi al fine di proteggere non solo i suoi interessi ma anche quelli degli utenti, dei partner, dei dipendenti e degli azionisti.

AGGIORNAMENTO 2

Dopo più di un mese sappiamo con precisione il motivo per cui Xiaomi è stata inserita nella famosa black list dall’ex presidente Trump. Ad annunciarlo è il Wall Street Journal che afferma che il motivo deriva da un riconoscimento che il governo cinese ha dato al CEO Lei Jun. L’amministratore delegato e fondatore dell’azienda ha ricevuto il premio di “Eccezionale costruttore di socialismo con caratteristiche cinesi” nel 2019 dal Ministero dell’Industria e dell’Informazione

Si tratta tuttavia di un premio che non ha nulla a che vedere con l’Esercito di liberazione popolare cinese (altrimenti detto PLA). Infatti, l’avere caratteristiche socialiste, come si legge dal titolo dell’onorificenza, non implica nulla di tutto ciò che l’ex amministrazione americana ha detto. Il premio, insieme agli ambiziosi piani di investimento di Xiaomi in tecnologie avanzate come il 5G e l’intelligenza artificiale, è stato sufficiente per il Dipartimento della Difesa per aggiungere Xiaomi all’elenco di aziende che supportano l’esercito in questione.

Al momento non è stato comunicato nulla dal brand. Attendiamo notizie.

AGGIORNAMENTO – 13/03/2021

Finalmente una notizia positiva. Il tribunale statunitense sostiene Xiaomi e va contro il Dipartimento della Difesa. Secondo quanto riportato da Bloomberg questa mattina, un giudice federale di Washington si è opposto alla decisione del Dipartimento della Difesa statunitense di limitare gli investimenti americani all’interno dell’azienda cinese. Il giudice distrettuale degli Stati Uniti Rudolph Contreras ha sospeso temporaneamente il divieto, sostenendo Xiaomi, che ha affermato che la mossa era “testarda e capricciosa” e ha privato l’azienda dei suoi diritti.

Contreras ha detto che Xiaomi probabilmente riceverà una revoca completa del divieto durante lo svolgimento della causa e ha emesso un’ingiunzione iniziale per impedire che alla società vengano inflitti “danni irreparabili”. Xiaomi ha detto che intende continuare a chiedere al tribunale di dichiarare illegale il rapporto fittizio dell’azienda con l’esercito cinese.

Una notizia senza dubbio positiva che avrà dei risvolti importantissimi a livello economico. Per vedere quali dobbiamo aspettare però. Alleghiamo il comunicato stampa ufficiale:

Xiaomi è lieta di constatare che il 12 marzo la Corte ha ordinato un’ingiunzione al Dipartimento della Difesa americano per impedire l’attuazione o esecuzione della designazione di Xiaomi come CCMC. In conformità al provvedimento concesso, la Corte ha annullato completamente e con effetto immediato la restrizione dell’Ordine Esecutivo 13959 che vietava alle società statunitensi di acquistare i titoli di Xiaomi e l’obbligo di cedere le loro partecipazioni azionarie.

Xiaomi ribadisce ancora una volta di essere una società ampiamente controllata, quotata in borsa e gestita in modo indipendente che offre prodotti di elettronica di consumo esclusivamente per uso civile e commerciale. Xiaomi ritiene inoltre che la decisione di designarla come una azienda militare comunista cinese sia arbitraria e irragionevole, e la Corte è dello stesso parere. Ad ogni modo, Xiaomi ha intenzione di proseguire chiedendo l’illegittimità della designazione e la sua revoca permanente.

Gianluca Cobucci
Gianluca Cobucci

Appassionato di codice, lingue e linguaggi, interfacce uomo-macchina. Tutto ciò che è evoluzione tecnologia è di mio interesse. Cerco di divulgare la mia passione con la massima chiarezza, affidandomi a fonti certe e non "al primo che passa".

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