L’ultima volta che abbiamo parlato di un dispositivo Redmi certificato Android Enterprise fu quando il Note 9 Pro entrò negli archivi Google. Fu un fatto piuttosto “eccezionale” in quanto fu il primo smartphone Xiaomi non appartenente alla famiglia Android One a ricevere questa certificazione. Nelle giornate di ieri e di oggi, altri tre dispositivi dello stesso brand hanno iniziato a godere dei benefici della certificazione. Ma di cosa si tratta nello specifico?
Redmi Note 10S, Note 10 Pro e Redmi 9T sono appena stati certificati Android Enterprise. Che cosa significa questa certificazione?
Prima di vedere di quali benefici possono usufruire i dispositivi certificati Android Enterprise, vediamo quali sono quelli di Xiaomi appena entrati nell’archivio. Si tratta del Redmi Note 10S, Note 10 Pro e del Redmi 9T sono gli smartphone certificati Android Enterprise. I primi due sono entrati quest’oggi mentre l’ultimo, ieri. Detto questo, bisogna sapere che nel 2018 Google ha introdotto questa certificazione per catalogare tutti quegli smartphone con determinate caratteristiche che potevano essere utili all’interno delle aziende.
I benefici che Google aveva stabilito per gli smartphone in questione erano, al tempo:
- specifiche hardware minime per dispositivi con Android 7.0 e versioni successive
- supporto per il deployment in blocco di dispositivi Android con registrazione zero-touch: significa, per i dipendenti di un’azienda ad esempio, poter iniziare immediatamente a lavorare
- consegna degli aggiornamenti di sicurezza Android entro 90 giorni dal rilascio da parte di Google, per un minimo di tre anni
- disponibilità di dispositivi sbloccati, direttamente dal produttore o dal rivenditore
Rendiamo noto che questi smartphone Redmi sono i secondi ad dispositivi non Android One a ricevere questa certificazione. È da sottolineare che a riceverla non solo solo smartphone potenti, ma semplicemente quelli che hanno dei requisiti minimi (a noi sconosciuti nel dettaglio) a garantire una buona riuscita del lavoro tramite mobile.
Fonte | Google